Retail. Cosa succede online?
Numeri eccezionali, cifre da capogiro: i volumi del business sul web sono davvero grandi, emergenti, onnipresenti. Le potenti marche delle piattaforme e-commerce assorbono mutevolmente ma assiduamente l’interesse e sembrano dominare l’intero panorama dei desiderata degli utenti. Eppure, in questa logistica mozzafiato dove tutto deve essere presente e immediato, compresa la spasmodica aspettativa del pacco, restano aperti insospettabili varchi, buoni per imprimere ulteriori impulsi al negozio di marca, vissuto nella sua veste più concreta, in un posto fisico intriso di corrette relazioni, efficaci ed emozionali.
Discorsi di marca. La marca è ancora centrale?
Quando Al Ries1 e Jack Trout scrissero “Positioning”2 erano i primi anni ’80. Mai gli autori si sarebbero immaginati gli sviluppi del web. Per loro centrale era la marca, il brand, e solo lei avrebbe potuto dirigere le danze. In questo non si sbagliavano. D’accordo, ogni marca era in competizione con altre, in un mercato iper affollato, ma era pur sempre ai suoi piani alti che veniva scelta una decisa posizione vincente. Doveva essere un poco austera, inconfondibile, univoca e, soprattutto, relazionale, percepita come bene assoluto da parte del proprio pubblico. Pubblico che non poteva essere del tutto identico a quello di un’altra marca, che non poteva condividere se non con la propria “tribù” emozioni, sentimenti, piaceri, mode e usanze. Insomma, la marca era tutto. Da allora il web ha cambiato molte regole, ma ben presto un nodo è venuto al pettine: se online tutti trovano tutto, come è possibile riconoscersi nella propria tribù? Come è possibile distinguersi?
Acquisto e dono. L’importanza dell’esperienza concreta
C’è qualcosa, nei riti dello scambio, che impedisce al prodotto di marca di indossare solo e comunque lo stesso incartamento, lo stesso overwrapping: difficile consegnare un presente a una persona per noi importante, senza il corredo di un adeguato “packaging” o di una adeguata etichetta di provenienza che raccontano, in modo inequivocabile, il dove quel prodotto è stato acquistato e, nel dove, quale valore quel dono ha per noi o per chi lo riceve. Il fatto è che, nella stragrande maggioranza dei casi, siamo proprio noi che “regaliamo” continuamente qualcosa a noi stessi. E il dono3 è un prodotto che tende, irrimediabilmente, a sfuggire ai canoni dell’utilitarismo tout court. Certo, l’idea della grande marca a prezzo outlet è geniale e appagante, ma il dono definisce la merce come portatrice, non più solo di materia, ma anche di pensieri, di relazioni, di scambi emozionali. In poche parole, l’esperienza d’acquisto e la sua condivisione diventano motori di vissuti e di ricordi.
Sotto questo aspetto, è innegabile come il web sia carente: il non luogo e il non tempo sono la sua caratteristica. E si comprende anche come l’acquisto in rete abbia poi necessità di essere ricondotto a un’esperienza concreta attraverso social media come TikTok, capaci di trasformare un’esperienza d’acquisto impersonale e immateriale in un contesto di apparente presenza.
Retail di marca. Lo spazio-tempo sempre più necessario
Cosa tenere a mente dell’esperienza a-temporale e a-spaziale del web? Che forse anche per il retail di marca sarebbe interessante prestare più attenzione al temporary brand (e quindi allo shop in tempo e spazio temporaneo) in occasioni di eventi o periodi speciali. Tuttavia, nel momento in cui progettiamo uno spazio retail, quando poi lo guardiamo nelle sue finiture, nel suo modo di guardare all’esterno verso il mondo circostante, costruiamo proprio quel contesto spazio-temporale che è capace di mettere in relazione la marca con quel suo preciso pubblico, accogliendolo come si conviene, come ospite di riguardo. Per questo trasformiamo lo spazio vendita in “casa”: ogni negozio diventa così realmente residenza ufficiale della marca. Ecco allora sfruttati quei varchi nell’esperienza online, ed ecco un ritorno più motivato nel nostro punto vendita: “osservo un prodotto sul portale online, e lo vado a cercare direttamente a casa”. A casa della marca, ovviamente, nel mio negozio.
Approfondimenti
1 Al Ries (1926 – 2022) è stato un pubblicitario statunitense. Si è occupato di marketing strategico, a cui ha dato un contributo rilevante insieme al collega Jack Trout (1935 – 2017).
2 Positioning: The Battle for Your Mind. New York: McGraw-Hill Education, 1981. Jonah Bloom (Top 10 Media and Marketing Books of All Time, su adage.com, 2009) inserisce per efficacia Positioning fra I primi dieci libri di Marketing di tutti I tempi. 2 milioni le copie vendute, ristampa dopo ristampa, al 2021.
3 In Essai sur le don: Forme et raison de l’échange dans les sociétés archaïques (in Italia per i tipi Einaudi) lo studioso Marcel Mauss analizzava le forme dello scambio, individuando strutture e modalità che si contrapponevano apertamente – e clamorosamente – all’utilitarimo economico di stampo anglo-sassone.